mercoledì 3 settembre 2014

La storia (Normandia)


Solitamente molti di miei scritti prendono spunto da una foto scattata da me. Questa volta vorrei partire da una foto, conosciuta, scattata da Robert Capa sulla spiaggia di Omaha Beach durante la prima ondata dello sbarco in Normandia delle truppe anglo statunitensi il 6 Giugno del 1944. 

Quest’anno mi sono recato su quei luoghi descritti in molti libri ed in altrettanti film, alcuni molto noti; la spiaggia di Colleville sur Mer, conusciuta universalmente come Omaha beach e’ lunga e profonda con una sabbia sottile, quasi impalpabile, l’oceano e’ calmo, l’acqua dona un piacevole fresco ai piedi, un vento freddo pulisce i pensieri in testa e mi consente di immaginare lo sbarco di migliaia e migliaia di soldati.

 Credo che si possa solo lontanamente provare a comprendere ciò che può essere accaduto il giorno del D-Day Ho preferito rimanere un po’ sulla sabbia della spiaggia e godere la bella vista che la giornata limpida ci ha riservato pensando al sacrificio di tante persone che su quella spiaggia sono cadute e a quanti, tornati alle loro case, possano aver sofferto per l’esperienza.

Cimitero Militare americano Omaha beach
Ritornando verso la collina che sovrasta la spiaggia sapevo già cosa mi aspettava, molte immagini descrivono il luogo, ma arrivato alla sommità’ della collina l’impressione che la vista trasferisce e’ forte, una emozione intensa sale rapidamente al cuore, le bianche croci, le stelle di David che ti si presentano davanti toccano profondamente, il loro allineamento, quasi a perdita d’occhio, inquieta l’animo.

In quei prati ordinati, che sembrano il proseguimento erboso della sabbia sulla spiaggia, mi sono sentito molto solo, mi ha pervaso una condizione contemplativa, penso ci fosse veramente molto silenzio, dico penso perchè non mi sono ben reso conto se il silenzio esistesse realmente oppure fosse una mia, esclusiva, impressione.

Ritornando a Capa, ho letto anche il libro Leggermente fuori fuoco versione italiana, pubblicata da Contrasto di Sligtly out of focus che e’ l’autobiografia di Capa che racconta la sua vita di reporter di guerra nelle campagne d’Africa, Italia e Francia fino alla fine della seconda guerra mondiale. Una lettura davvero molto partecipata, nella quale Capa si rivela un fine narratore con una scrittura scorrevole e ritmica venata di una bella dose di ironia. Lo sbarco in Normandia viene descritto molto crudamente, fa comprendere come possa essere stata la situazione sulla spiaggia appena avvenuto lo sbarco.

Cimitero inglese Bajeux
Oltre al cimitero militare americano ho avuto la possibilità di visitare anche quello britannico a Bajeux, qui le lapidi sono tutte uguali, più ravvicinate, il cimitero e’ a ridosso di una strada dove passano le auto, anche qui la sensazione di silenzio, almeno che io ho avuto, e’ stata molto forte, intensa.

Oltre a soldati britannici ci sono anche australiani, canadesi sudafricani neozelandesi, anche qui viene evidenziata la differenza religiosa: mussulmani, cristiani ed ebrei riposano vicini. L’unica considerazione che riesco a fare e’ di rammarico: purtroppo la storia e il sacrificio di tante persone non hanno insegnato nulla, oppure, non hanno insegnato nulla a chi governa gli stati i quali non ricercano strade diplomatiche e politiche per risolvere le loro controversie.

La storia si ripete, e si ripete nelle sue peggiori forme.
Omaha beach Agosto 2014

5 commenti:

  1. Federico Parra Grazie per le parole e la fine ricerca di un silenzio necessario alla vita, alla crescita e alla conoscenza... Insieme a Capa c'era H.Hemingway come reporter di guerra...la memoria degli uomini è breve e il denaro la compra in continuazione, come le onde che hanno bagnato i tuoi piedi. Fp
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    1. Grazie Federico, Hemingway e' uno degli scrittori che maggiormente conosco e apprezzo, per averlo letto e riletto. Il dfatto che frequentasse Capa e insieme abbiano avuto esperienze non fa che accrescere la curiosita' verso i due buoni compagni di avventure e di bevute.

      Grazie per l'apprezzato commento.

      Ciao.

      enrico (ventrix)

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  2. ci sono stato anch'io... ma la sensazione di inutilità e insieme follia della guerra, di estremo rammarico non mi ha colto al cimitero americano... bello, ben tenuto, non un filo d'reba in disordine, le croci e le stelle di david ben allineate, alcune decorate con delle bandierine sventolanti alla brezza... no, sembrava quasi un opera astratta di vasarely. la commozione invece è sgorgata al cimitero tedesco, quello degli sconfitti, con le croci di guerra in pietra nera, ruvida, che rendevano maledettamente bene l'idea del cimitero... e quelle date di nascita e morte che testimoniavano età incongrue (ammesso che si possa dire che esiste un'età congrua per andare a morire su una spiaggia qualsiasi, trafitto dagli shrapnel, a migliaia di chilometri da casa tua) età incongrue dicevo... 17, 18, 45, 50 anni... bambini, ragazzi, quasi vecchi (per l'epoca)... travolti dalla follia... ho pianto

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    1. Grazie Paolo per il passaggio e per la testimonianza, anche io avevo in programma di visitare il cimitero tedesco, ma il tempo non mi ha concesso la sosta. Il cimitero Americano lo si conosce, tanti film lo hanno ritratto, pur conoscendo cio' che mi aspettava dal punto di vista del luogo, la mia sensazione e' stata quasi di astrazione da tutto cio' che erano le persone intorno a me, l'ho provata anche al cimitero britannico. Probabilmente l'avrei provata anche in quello tedesco. Hai ragione, cio' che colpisce sono le date, molti sono morti intorno ai 20 anni. Li' su quelle spiagge, nelle montagne, in mare per cosa poi? Quello che mi rammarica e' che si stanno ripetendo le stesse identiche cose, sia una donna il contendere (Elena di Troia) o un lembo di terra (Malvinas) non si ricerca il dialogo, ma solo l'esposizione della forza.

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  3. Credo che tu abbia dimenticato quello tedesco. Per lo più ragazzi di 16-18 anni, vittime di un ideologia di cui era pervasa anche l'Italia di quegli anni. Ma anche questo lo dimentichiamo spesso, per metterci, come al solito, dalla parte dei vincenti.

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